martedì 23 ottobre 2012

"Ripensare il potere"

"Silenzi plastificati. Crepita l’acido cristallino del dominio oligarchico assoluto, narcisistico quanto cinico. Le sue figure sono singolari, altere e preziose, compiaciute e controllate, intelligenti, esatte nei rispettivi posti. Il deposito è filtrato dal pensiero scaldato, dal calore ossigenato, dai desideri illuminati, dal fulgore del successo; è l’universo, l’unico, il solo dell’esistenza e del futuro. Le sue vicende e i suoi moti sono la storia; il suo equilibrio è la natura, la sua salute è la verità, il suo corso la realtà, la sua direzione la ragione, il suo peso la materia, i suoi organi la scienza, il suo sangue l’umanità. La mente e i sentimenti di questo universo sono i loro, di coloro che lo colmano e lo saziano… Altro universo non c’è, nemmeno sottostante e affondata. Nessun altro mondo, nemmeno fra i satelliti spenti degli spazi, né tra le meteoriti attirate da una delle tante orbite.

Non ci sono più personaggi perché nessuno agisce più come tale, nessuno ha
un proprio copione. L’unico personaggio, è banale dirlo, è il potere. Se ne subisce
il clima.

Niente. Non c’è niente da raccontare. Non si racconta piú. Lo stato procede,
si ferma, si corregge secondo la crisi che gli è stata assegnata dall’industria. La
crisi delle istituzioni è crisi delle sovrastrutture e delle produzioni. Non c’è
proprio niente da raccontare. Non c`è piú Madame Bovary. Ci sono le categorie
sessuali, i prodotti farmaceutici, letterari, cinematografici, dietetici, comportamentali.
obbligativi. Si potrebbe raccontare come mille mogli tradiscono
tutti insieme, sopra la stessa biancheria, i loro mariti appesantiti dal lavoro e dall’ingenuità?
I giocatori, i ribelli, gli assassini, i pescatori, i ricchi, gli avari, gli
incapaci, sono ormai a milioni, tutti uguali nel mondo.

La luna… la luna muta e tradisce, indaga e serve le correnti di tutti, amplia, soffice
ed organizzata, capace ed attiva come una finanziaria di Zurigo o uno staff
harvardiano di consulenti. La luna fila rapida, gemente satellite della memoria
ormai arresa; scorre la graduata traiettoria della sua complicità. A quest’ora
schizza di telefonate intercontinentali, seleziona e ribalta i nastri delle telescriventi,
rimescola perfino il ghiaccio nei bicchieri, imputa e conferma i pensieri e anche li compone
su pellicole dotate della selettività delle immagini e
delle memorie… il plenilunio glorioso ruota il suo disco monetario." 


(Paolo Volponi, Le mosche del capitale, Einaudi, Torino 1989)
 

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